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15 dic 2012

APPUNTAMENTO SETTIMANALE SUL CINEMA

WATCHED BY CHIARO SCURO


Amour
Durata: 2h07’, colore
Genere: drammatico
Regia: Michael Haneke
Cast (interpreti e personaggi): Jean-Louis Trintignant (Georges), Emmanuelle Riva (Anne), Isabelle Huppert (Eva), Alexandre Tharaud (Alexandre), William Shimell (Geoff), Rita Blanco (Concierge).

Anne e Georges hanno tanti anni e un pianoforte per accompagnare il loro tempo, speso in letture e concerti. Insegnanti di musica in pensione, conducono una vita serena, interrotta soltanto dalla visita di un vecchio allievo o della figlia Eva, una musicista che vive all'estero con la famiglia. Un ictus improvvisamente colpisce Anne e collassa la loro vita. Paralizzata e umiliata dall'infarto cerebrale, la donna dipende interamente dal marito, che affronta con coraggio la sua disabilità. Assistito tre volte a settimana da un'infermiera, Georges non smette di amare e di lottare, sopportando le conseguenze affettive ed esistenziali della malattia. Malattia che degenera consumando giorno dopo giorno il corpo di Anne e la sua dignità. Spetterà a Georges accompagnarla al loro 'ultimo concerto'.

È incredibile vedere come ad un film di altissimo spessore come questo corrisponda quasi sempre un insuccesso di pubblico clamoroso. Palma d’Oro sulla Croisette, Amour è l’ennesimo film capolavoro del regista e sceneggiatore tedesco, bravissimo quando si tratta di dover raccontare gli stati d’animo dei suoi personaggi. Il male che in Niente da nascondere era in uno sconosciuto dedito al ricatto, che in Il nastro bianco era insito nella comunità dannata tedesca qui è dentro Anne, nascosto ma ahinoi fin troppo evidente quando si mostra attraverso la paralisi di un corpo che pian piano ti abbandona. A dar man forte al regista la strepitosa prova dei due attori, Jean-Louis Trintignant ed Emmanuelle Riva ( di solito si elencano i film, ma la parentesi appena aperta verrebbe chiusa troppo tardi, tante sono le pellicole della loro carriera) che lasciano i colori di Kieslowski per buttarsi anima e – soprattutto – corpo in un’elegia del cinema inteso come arte che riesce a rappresentare anche gli stati d’animo più profondi. Una prova attoriale spaventosa, realistica in ogni inquadratura (asciutta e perfetta come sempre la fotografia del fidato Darius Khondji) che se la deve cavare senza il supporto della colonna sonora, relegata com’è nelle “quattro mura” dell’ambiente domestico. Da antologia la scena iniziale (che anticipa l’epilogo del film), quella del concerto visto attraverso gli occhi di chi sta sul palco e quelle di rara umanità senile, con il marito che aiuta la moglie costretta su una carrozzina, compagna di una vita che vorrebbero rivivere. Dare cinque stelle ad un film non è mai facile, ma qui c’è tutto il senso di fare cinema e guarda caso – ancora una volta – quando il voto è alto il cinema francese (in un modo o nell’altro) è sempre presente. Fossi un membro dell’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences non avrei alcun dubbio su chi votare per l’Oscar® come film, regia ed attori protagonisti. Chapeau!

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